LA CONQUISTA DELL'AMERICA - TZVETAN TODOROV

 


La conquista dell’America. Il problema dell’altro è un saggio di Tzvetan Todorov pubblicato nel 1982. Dal titolo si potrebbe essere tratti in errore pensando che l’autore voglia ripercorrere gli eventi che hanno portato alla conquista dell’America. In realtà l’obiettivo è un altro, infatti è quello di narrare la scoperta che l’io fa con “l’Altro”, proprio perché la scoperta degli americani è un incontro unico nel suo genere, che ha segnato la storia umana. 


L’aspetto interessante, però, è il fatto che Todorov decida di intraprendere questa analisi non attraverso un’elencazione generica di eventi, ma focalizzandosi sulla trattazione di una conquista in particolare, il Messico, e utilizzando numerose citazioni, che lo pongono in un dialogo continuo con gli autori del XVI secolo. Inoltre, per rendere più agevole la lettura e, soprattutto, rendere più facile al lettore seguire il ragionamento lungo il saggio, l’autore ha deciso di dividere il testo in quattro parti intitolate “scoprire”, “conquistare”, “amare” e “conoscere”. Ad esse, in aggiunta, si associano dei personaggi precisi. 


Infatti, nella prima parte si ritrova la figura di Cristoforo Colombo che in queste pagine viene rappresentato come un navigatore che ha accidentalmente scoperto l’America, ma che, nonostante l’opportunità, non ha voluto conoscerne la popolazione indigena. 


La seconda parte, invece, tratta la figura del condottiero spagnolo Hernán Cortés, che fin da subito dimostra di avere una strategia diversa da Colombo. Lui, infatti, si impegna a comprendere la lingua, la cultura, gli usi e la politica dei nativi che incontra. Tuttavia, è necessario sottolineare che da una parte ha dimostrato sicuramente un interesse nei confronti “dell’Altro”; dall’altra parte però il tutto era finalizzato alla devastazione. Infatti, proprio questa via aperta da Cortés comporterà la distruzione delle civiltà native per mano dei conquistadores, che metteranno in atto un genocidio con il solo scopo di arricchirsi. In contrapposizione alla sua figura c’è Moctezuma, sovrano azteco che si fa travolgere dall’avvento dei nuovi conquistatori, che lascia parlare per se i segni che arrivano alla popolazione sotto ogni forma e che vengo interpretati per lo più come presagi di sventura.


Nella terza parte, invece, Todorov presenta il periodo storico che segue la conquista dell’America, il quale è dominato dal dibattito problematico dell'eguaglianza o pittosto dell’ineguaglianza tra spagnoli e indiani. A difendere gli indios c’è la figura di Bartolomeo de Las Casas. Si tratta di un vescovo cattolico spagnolo che, seguendo il principio che tutti gli uomini sono figli di Dio e quindi uguali di fronte a lui, si impegna a riconoscere alle popolazioni indigene pari dignità e diritti. Non bisogna, però, prendere queste affermazioni come sinonimo di bontà, poiché è chiaro dai diversi passi condivisi nel saggio da Todorov che egli stesso mise in atto un atteggiamento di assimilazione simile a quello dei medesimi conquistatori. Anche lui aveva come scopo quello di evangelizzare le popolazioni, per quanto rifiutasse il metodo violento messo in atto dai suoi connazionali. Pertanto, si può intravedere una comune ideologia colonialista, che pone come assodato il fatto stesso che i colonialisti siano esseri superiori, portatori di una eccelsa tipologia di civiltà, con usi e costumi migliori di quella si trovano di fronte nel Nuovo Mondo. 


La quarta e ultima parte del libro è dominata da due differenti personaggi. Si tratta dei religiosi Diego Durán e Bernardino de Sahagún, i quali avevano come obiettivo quello di dialogare con le nuove culture, conoscere i loro riti e le loro pratiche così da poterli cristianizzare meglio. 


Il saggio, infine, si chiude con un epilogo intitolato “La profezia di Las Casas”, in cui Todorov dichiara che la scrittura di queste pagine sia stata finalizzata a mettere bene in luce quello che può accadere se non ci si impegna e non si riesce a scoprire “l’Altro”. Pertanto, l’obiettivo è quello di trasmettere al lettore il messaggio, o di stimolare almeno la riflessione, in merito al fatto che nella società è necessario trovare le modalità con cui si può entrare in rapporto con “l’Altro” allontanandosi sia dalla piena assimilazione, sia dal preconcetto che noi apparteniamo ad una gerarchia di superiorità o di inferiorità.


Rebecca Luisetto


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