L’ULTIMO CARNEVALE - PAOLO MALAGUTI


“L’ultimo carnevale” di Paolo Malaguti si può dire che sia una vera e propria scoperta. Si tratta di un romanzo al limite tra lo storico e la fantascienza, anche se parlare solo di fantasia non è corretto. L’idea con cui nasce questa storia è proprio una previsione che non vede un buon futuro per la Regina dell’Adriatico che, di anno in anno, è sempre più soggetta alla cosiddetta “acqua alta”. L’autore, dunque, sembra sia partito proprio da qui: l’acqua. Questa è inevitabilmente il filo che guida lungo l’intero racconto, accompagnato da quel colore salmastro e da quell’odore di “feschin” che punge nelle narici. Alcuni, quell’odore l’hanno sentito per davvero, mentre altri solo se lo immaginano. Sono quattro i personaggi che colorano di vita una città che ormai è diventata tomba senza respiro, o meglio, catturata in un sonno profondo da cui non vuole essere svegliata. 

C’è Carlo, una guida appena promossa del Venice Park, ammaliato dalla bellezza di una città che deve illustrare ai turisti secondo alcune battute imparate a memoria, costretto a percorsi prestabiliti che lasciano però spazio all’immaginazione di due occhi giovani e curiosi, che per qualche istante lo guideranno alla scoperta di qualcosa di più grande. Poi c’è Michele, uno dei guardiani della città-parco, un lavoro che non è una vocazione, ma si rivela come la spia economica di questo nuovo mondo, in cui il “dio denaro” padroneggia ancora una volta sulle scelte che condizionano la nostra quotidianità e in questo caso quella dei veneziani. Su un altro piano, invece, si collocano le figure di Giobbe e di Rebecca, due nomi biblici che rispecchiano la missione che guida la loro esistenza, Venezia è parte di loro. Il primo, figura estremamente commovente per il suo legame con la moglie defunta, ha conosciuto la vera Venezia, quella abitata dalle persone, in cui i turisti si mischiavano alla quotidianità di cittadini e studenti. Infine Rebecca, il personaggio che più mi ha colpito per la sua forma di dipendenza alla pulsione e all’amore, nei confronti di un ragazzo che in una notte ha rapito la sua anima e poi nei confronti della stessa Venezia, specchio della sua volontà di resistere alle logiche che senza “se” e senza “ma” costruiscono il mondo, contro le quali non tiriamo mai fuori dal suo fodero la spada che dovrebbe proteggere le nostre idee. Lei, sarà l’atto di coraggio, più o meno discutibile, che segnerà la storia. 

Per quel che riguarda il ritmo della narrazione è un libro che si legge in modo sciolto, armonico, come una nuotata nel mare tranquillo, con qualche onda che vivacizza la storia e che non vi fa staccare gli occhi dalla carta stampata. Tra le pagine anche qualche articolo di giornale, che dà al lettore gli strumenti per capire il possibile futuro di Venezia immaginato dall’autore. 

Quando si parla di Malaguti, poi, non si può ignorare la lingua. Infatti anche qui, come nelle sue opere precedenti, la forma dialettale trova spazio ed è spia della ricerca minuziosa di uno studioso che che vede nel linguaggio le tracce della nostra tradizione e storia. 

Un libro che fa riflettere e che allo stesso tempo insegna. Da leggere. 

Rebecca Luisetto


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